Immaginate un artista, Alighiero Boetti, che nel suo studio di Trastevere qualche anno fa allestisce una stanza dedicata ai giochi, per la figlia Agata e il suo fratellino Matteo, mentre lavorava sulle sue opere. E quell'esperienza, quei bambini che giocano felici, ha avuto un influsso importante sull'opera paterna.
Ora, quell'esperienza di gioco, sospesa tra ricordo e emotività, tra passato e presente, diventa un'installazione personale di Agata Boetti, che sarà visionabile dal pubblico nella Sala degli Archi della Fortezza Nuova di Livorno.
L'installazione si chiama ABAB, che sono le iniziali di padre e figlia, ma anche il modo in cui sono indicate le rime alterne nelle quartine poetiche. Ed è anche un libro del docente di Semiotica e Teoria della creatività (nonché direttore della Scuola di Giornalismo di Milano) Stefano Bartezzaghi.
«A come Alighiero, B come Boetti» dice una frase che si trova in uno dei suoi famosi quadrati. A&B, come le iniziali della figlia, Agata Boetti. Insieme e senza punti, le loro iniziali danno ABAB, “come lo schema della rima alternata: ‘Gioco / di mano / gioco / di villano’. ABAB al contrario si legge ‘Baba’, un Alì(ghiero) che conosce le formule magiche che schiudono la caverna del tesoro”. Stefano Bartezzaghi ritrae così l’artista Alighiero Boetti, usando la matita del gioco e dell’enigma. Dai codici con cui aveva classificato gli artisti – se stesso incluso – e mai più decifrati, all’improbabile raccolta di vignette della “Settimana enigmistica”, ritagliate e messe da parte per una mostra mai allestita. ABAB. La stanza dei giochi di Agata e Alighiero Boetti è un omaggio a Boetti e al filo rosso dell’ironia e del gioco che ha caratterizzato la sua produzione artista e il suo ruolo di genitore.